Esiste uno stretto rapporto tra cibo ed emozioni.
Il cibo, ad esempio, è sempre il protagonista delle nostre di festa, ha il compito di esaltare la gioia di quei momenti.
Talvolta un alimento può evocarci ricordi personali, oppure gustare un piatto che amiamo può farci provare gioia.
Può capitare anche che si mangi dalla noia, dalla rabbia o si perda l'appetito dalla tristezza.
Talvolta un alimento può evocarci ricordi personali, oppure gustare un piatto che amiamo può farci provare gioia.
Può capitare anche che si mangi dalla noia, dalla rabbia o si perda l'appetito dalla tristezza.
Il rapporto con il cibo, quindi, coinvolge gli impulsi più istintivi e vitali della vita affettiva.
Ci sono alcune basi anatomiche e fisiologiche in grado di spiegare la stretta relazione che intercorre tra l’atto di alimentarsi ed il provare emozioni.
A livello anatomico il sistema limbico (insieme delle strutture cerebrali che entrano in gioco nelle emozioni), in modo particolare l’amigdala, è implicato, insieme all’ipotalamo, nella regolazione del comportamento alimentare, sessuale, nell’espressione delle emozioni di rabbia e paura e nel controllo della motivazione.
L'amigdala riceve gli stimoli raccolti dai sensi, li seleziona, ne associa un'emozione e invia dei segnali all'ipotalamo il quale comanda gli ormoni nel nostro corpo. Se ad esempio mangiamo qualcosa di avariato, l'amigdala percepirà il cattivo sapore, lo assocerà al sentimento di disgusto e chiederà aiuto all'ipotalamo il quale promuoverà la produzione degli ormoni implicati nel senso di sazietà, ci verrà la nausea e perderemo l'appetito.
Nel sistema limbico poi, sono conservate le memorie più antiche, i primi ricordi.
In base alla piacevolezza e alla gratificazione dello stimolo si mette in movimento. A volte consumare un cibo, vederlo o annusarne il profumo attiva tutta una serie di sensazioni positive perché quel cibo apre la strada a un ricordo felice che trasmette benessere. Al contrario, il pensiero di un cibo legato ad un ricordo drammatico o spiacevole provoca repulsione, angoscia e sensazioni di disgusto.
Restando in tema di ormoni, esistono alcuni cibi che permettono al nostro corpo di produrre e mettere in circolo alcuni neurotrasmettitori e ormoni implicati nella regolazione delle emozioni.
Il cioccolato ed i carboidrati ad esempio, ci inducono calma e benessere.
Siamo dunque stati creati per provare emozioni nel contatto con il cibo!
Talvolta però, il cibo può diventare un problema.
Accade quando lo si utilizza ad esempio per compensare un bisogno mancato, per noia, rabbia o solitudine: non ci si nutre per un reale bisogno fisiologico, ma perchè si è sotto il controllo di un’emozione o uno stato d’animo (Fame nervosa).
Gli esperti nutrizionisti mondiali ritengono che oltre il 75% delle calorie in eccesso nella popolazione derivano da comportamenti alimentari in risposta allo stress o disagi psicologici e solo il 25 % da problemi genetici o fisiologici. Mangiare ha una potente azione antistress ed è il modo più immediato per sentirsi meglio e compensare a bisogni emotivi insoddisfatti.
È anche il modo più primordiale con cui compensiamo a qualcosa che manca e di cui non siamo consapevoli. I meccanismi di compensazione a livello cerebrale sono gli stessi circuiti della ricompensa che agiscono nelle forme di dipendenza (da sostanza, da gioco d’azzardo...), per cui la fame emozionale può essere considerata una forma di dipendenza.
Alcuni elementi caratterizzanti la fame nervosa:
- sopraggiunge improvvisamente. Si presenta col bisogno urgente ed irrefrenabile di soddisfarla; la fame fisiologica al contrario viene in modo più graduale. La voglia di mangiare non si sente come qualcosa da soddisfare immediatamente (a meno che non si abbia digiunato per un tempo molto lungo).
Nella fame emotiva si desiderano alimenti specifici che danno un' immediata gratificazione al gusto, ad esempio cioccolato. Quando si è fisicamente affamati, tutto può andare bene, tra cui cibi sani dal punto di vista nutrizionale, come ad esempio le verdure.
- richiede quasi sempre cibi grassi o spuntini zuccherati che forniscono una carica calorica immediata. Ci si sente come se solo quel tipo di alimento possa soddisfare e nient'altro.
- spesso porta a mangiare senza consapevolezza rispetto a ciò che si è mangiato, ad esempio un intero sacchetto di patatine o una vaschetta intera di gelato senza realmente prestare attenzione, nè provando pieno piacere. Quando si sta mangiando in risposta alla fame fisica, si è in genere più consapevoli di ciò che si sta facendo.
- non è soddisfatta anche quando si ha la sensazione di pienezza. Si tende a volere sempre più cibo, fino a sentirsi gonfi. La Fame fisica, invece, non comporta di mangiare fino all’eccesso, ma produce sensazioni di soddisfazione senza arrivare a doversi sentire necessariamente gonfi.
- sembra non albergare nello stomaco, ma la si avverte come un desiderio che non si riesce a togliere dalla testa.
- porta spesso a rimpiangere di aver mangiato, a provare sensi di colpa o vergogna. Quando si mangia per soddisfare la fame fisica, è improbabile che ci si senta in colpa o che si provi vergogna, perché si sta semplicemente dando al corpo ciò di cui ha bisogno. Se ci si sente in colpa dopo aver mangiato, è probabile perché si comprende che in fondo non si è mangiato per nutrirsi.
Esistono vari fattori e cause che concorrono a produrre questo comportamento alterato e che trasformano il cibo in una droga che serve a compensare la mancanza di qualcosa altro.
Cibo come antistress – Quando il livello di stress nell’organismo è alto si producono quantità maggiori di cortisolo, ormone che in eccesso provoca le reazioni tipiche degli stati ansiosi, di paura o di panico. Il cortisolo innesca il desiderio di cibi ricchi, salati, ad alto contenuto di grassi e zucchero che diano una “sferzata” di energia e di piacere. Più alto il livello di ansia più è probabile che si inneschi il comportamento del Mangiare emotivo.
Cibo come controllo delle emozioni sgradevoli - Mangiare può essere un modo per mettere a tacere temporaneamente emozioni scomode, tra cui rabbia, paura, tristezza, ansia, solitudine, il risentimento e la vergogna. Se ci si sente sommersi dal piacere del cibo, è possibile evitare le emozioni che è fastidioso sentire.
Cibo come passatempo, per fronteggiare la noia, la solitudine o sentimenti di vuoto. Alcune volte si mangia per fare qualcosa, per alleviare la noia, o per riempire letteralmente un vuoto. Quando ci si sente insoddisfatti e vuoti, il cibo diventa un modo per occupare la bocca e il tempo, distraendo dai sottostanti sentimenti di inutilità e di insoddisfazione per la vostra vita. Attraverso il rapporto con il cibo si esprime un bisogno d’amore: il cibo diventa un anestetico con cui si cerca di eliminare la sofferenza o l'insoddisfazione.
In alcuni casi, tali problemi sono più complessi portando ad intolleranze generalizzate, obesità, anoressia, bulimia e ortoressia, (ossessione per i cibi “giusti”) e drankoressia (cibo insieme ad alcool) : i disturbi alimentari.
Fattori che predispongono al mangiare emotivo:
Il particolare rapporto che ognuno ha con il cibo fin da piccolo, è carico di componenti psicologiche ed affettive del tutto personali che possono facilitare o interferire con una sana alimentazione.
–come esempi possiamo ricordare i premi che si ricevono da bambini o già da neonati sotto forma di cibo: dal “seno per far smettere di piangere”, o i premi in relazione a buoni comportamenti: dalla “caramella se fai il bravo”, o “un bel gelato se vai bene a scuola”. Queste abitudini infantili secondo la ricerca psicologica costituiscono le basi per il mangiare emotivo in età adulta. Oltre ciò esistono le
– influenze sociali. E' facile eccedere, semplicemente perché il cibo è lì disponibile o perché tutti gli altri stanno mangiando. Si può anche mangiare troppo in situazioni di ansia sociale o perché si è incoraggiati dal gruppo che si frequenta.
– una madre attenta alle necessità del bambino, dà cibo in risposta ai segnali di bisogno nutritivo del bambino (pianto). Questo permette lo sviluppo della sensazione di fame come un’idea distinta da altri bisogni o sensazioni (Hilde Bruch).
Se la reazione materna è però inappropriata per noncuranza, troppa sollecitudine, permissività, il bambino sviluppa un senso di confusione che quando sarà adulto non gli permetterà di distinguere tra l’essere affamato o sazio da altre sensazioni .
– per Carl Rogers il comportamento dell’uomo è dominato dal bisogno di “considerazione positiva”: la ricerca di amore e di accettazione positiva incondizionata da parte delle persone significative, e da una tendenza attualizzante che dipende dalle condizioni ambientali in cui la persona vive, dal modo in cui percepisce se stesso, dalla sua visione e valutazione di sé.
Il bisogno di considerazione positiva è più forte: per cui se l’ambiente in cui il bambino vive non è facilitante, egli non tenterà le esperienze necessarie alla sua autorealizzazione, ma si limiterà alla ricerca del consenso e dell’amore dei genitori. Il modo in cui il bambino ha gestito la sua necessità di autorealizzarsi e la considerazione positiva ricevuta influirà sul suo comportamento adulto ed il bisogno di considerazione positiva diventerà bisogno di autostima. Una mancanza di essa andrà talvolta riempita con il cibo.
Consigli
Per raggiungere l'equilibrio tra la nostra mente e il nostro corpo è essenziale imparare ad ascoltarci. E’ necessario imparare a riconoscere i propri stati interni, ascoltare e conoscere il nostro corpo, prendere contatto con le proprie emozioni e i propri bisogni. Conoscere le convinzioni limitanti che non ci permettono di essere felici ed in armonia con noi stessi. Esplorare il nostro mondo interiore è un vero e proprio allenamento che va eseguito in maniera costante e amorevole.
Conoscere noi stessi e anche gli alimenti ed il loro effetto energetico su di noi ci porta ad essere liberi di scegliere in base ai nostri bisogni reali. Se portiamo equilibrio e chiarezza nella nostra mente anche le nostre scelte alimentari si modificheranno perché saranno meno influenzate dai condizionamenti emotivi o inconsci.
Possiamo imparare ad usare le nostre capacità, le nostre risorse, la nostra intelligenza, la nostra sensibilità per costruire e migliorare la nostra realtà.
Potremo anche rivolgerci al nutrizionista per equilibrare il «caos» dietetico e per acquisire coscienza del proprio corpo. Lo psicoterapeuta invece andrà consultato in caso di disturbi dell’immagine corporea o problematiche emotive legate al concesso di sè che creano malessere.
- Cibo ed emozioni - Seminario condotto dalle Dott.sse Silvia Marchese Nutrizionista (tel 3477835404) e Marilena Vettorello Psicologa Psicoterapeuta (tel 3486624862).
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