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domenica 7 aprile 2013

Psicologia dell'invidia

Invidia.
Dal latino in-videre, guardare contro, guardare con ostilità, l’invidia può essere definita come quello stato d’animo in cui prevalgono il desiderio di possedere ardentemente un qualcosa che qualcun altro ha, oppure il desiderio che l’altro perda ciò che ha o rappresenta.

E' un sentimento doloroso, dal quale è difficile liberarsi attraverso riflessioni logiche e razionali. 
L'invidia è penosa per chi la sperimenta, perché comporta il vivere in pieno sentimenti negativi, quali il rancore, l’ostilità e l’odio.
 
Nonostante ciò questo sentimento appartiene all'uomo da sempre: in passato è stata varie volte raccontata da illustri scrittori ed è stata considerata da alcune religioni. 
Per esempio nella religione cattolica, l'invidia è uno dei sette vizi capitali. 
Nel buddismo è considerata uno di quei fattori mentali che, facendo germogliare l’odio, accecano la personalità di un individuo.
L'iconografia tradizionale la rappresenta con l'immagine di una donna vecchia, misera, zoppa e gobba, intenta a strapparsi dei serpenti dai capelli per gettarli contro gli altri. 
Si può anche ricordare come Dante nel Purgatorio ponga gli invidiosi seduti sulla sesta cornice, con gli occhi cuciti con il fil di ferro per l’aver gioito delle disgrazie altrui.
  
Tutti noi proviamo invidia, ma qualcuno ci rimane incastrato, soffrendo veramente molto.
In alcuni casi diventa patologica, quando spinge effettivamente ad agire per danneggiare la persona invidiata.
Escludendo la patologia, l'invidia è un sentimento molto diffuso.



Freud fu il primo a parlarne e ad attribuirle un significato sessuale: secondo lui l'invidia è uno dei segni distintivi della personalità femminile. Nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza i bambini sperimentano la loro diversa identità sessuale: le femmine attraverso l'invidia per il pene, i maschi attraverso la paura, intesa come frustrazione o castrazione.
Queste teorie sono state criticate e in parte superate, ma mantengono una certa verità.
Per esempio un'indagine di novembre 2000, realizzata dall'Istituto di Marketing Sociale (Ims), riporta il fatto che di invidia soffrono nove donne su dieci.
I dati emersi da 500 interviste mostrano anche che la diffusione di questo sentimento è eterogenea, colpisce indipendentemente dall'età, dal ceto sociale e dal livello culturale ed è rivolta quasi esclusivamente verso le altre donne. Ecco in ordine decrescente gli "oggetti del desiderio":
  • La fortuna di avere un uomo bello e soprattutto benestante 37%
  • La bellezza delle altre 32%
  • Il fascino delle altre 29%
  • La capacità deduttiva delle amiche 25%
  • La serenità delle amiche 23%
  • La felicità delle amiche 20%
  • La vita sociale più intensa delle amiche 18% 
       

La letteratura psicologica ha evidenziato come l’invidia possa avere radici molto profonde nella personalità. Può essere stata causata da una mancanza di affetto in passato, da un'eccessiva tendenza alla competitività, da troppi desideri che sono stati frustrati.
 
L’invidia nasce dalla relazione, dal confronto con l’altro, una dinamica sociale importante, poiché è tramite l’altro che affermiamo noi stessi. Prima di poter desiderare qualcosa che non abbiamo dobbiamo poterla vedere, è l’altro che fa nascere in noi il desiderio.

Dopo esserci confrontati nasce la consapevolezza della nostra mancanza, ed è da questa constatazione che possono scaturire sentimenti negativi verso sé e verso gli altri: senso di inferiorità, inadeguatezza, frustrazione, impotenza, odio e rabbia per la grandezza dell’altro che ci schiaccia. E in questo momento non vediamo più le nostre risorse, le nostre potenzialità, le nostre possibilità, ma si pensa solo a svalutare l’altro per impedire la caduta del proprio valore. 

Ecco perchè nascondiamo la nostra invidia e ci vergognamo di esserlo: essere additati come persone invidiose, parlare della persona che si invidia e spiegare il perché, significa parlare della parte più profonda di sé stessi, delle aspirazioni e dei fallimenti personali, delle difficoltà e dei limiti che si trovano in sé stessi.
 
Alcuni ricercatori hanno evidenziato come chi prova invidia non riesce ad instaurare relazioni positive con gli altri, restando bloccato in sentimenti come il risentimento, l’astio, la vergogna.

Alla base vi è un senso di insicurezza che porta ad una scarsa fiducia di sé, ad una bassa autostima.


L'invidioso infatti non è mai soddisfatto di sé, si vede dei limiti, reali o presunti, mentre riconosce solo negli altri le doti e i riconoscimenti che vorrebbe possedere. Vergognandosi della sua inadeguatezza, che attribuisce all'ingiustizia del giudizio altrui, non tenta di migliorarsi e a volte si augura che gli altri cadano al suo stesso livello. Così facendo si condanna a una vita meschina e piena di rancore, l'invidia può essere malevola e consumare perché non si sfoga mai, non si placa, citando un vecchio proverbio "L'invidia è così magra e pallida perché morde e non mangia". 

A fianco all’invidia distruttiva, c' è anche un’invidia costruttiva. 
L’invidioso ha uno spiccato senso critico e ammirazione verso qualcosa che non è o che non ha. 
Molte ricerche confermano che le persone invidiose posseggono un notevole spirito di osservazione. Utilizzare questa facoltà per confrontarsi con l’altro e vivere la ricchezza delle differenza riconoscendo i propri desideri, esplorando le proprie possibilità, accettando i propri limiti, può spingere a migliorarsi, invece che sentirsi frustrati e denigrare l’altro. 
“Se lui/lei sì, perché io no?” diventa così una motivazione all'azione, una sana competizione che ci stimola a raggiungere traguardi sempre più lontani: “Se lui/lei può, posso anch’io!”. 
L’invidia allora evolve in un input ad andare avanti, ad essere fiduciosi verso se stessi ed assumersi responsabilità, a mettersi in gioco, a crescere.

Gestire l’invidia costruttivamente vuol dire riconoscerla ed esprimerla sviluppando la capacità di ironizzarci su, di ridere di sé, di esaminare i propri pensieri di inferiorità per scoprire da dove hanno origine in modo da conoscerci meglio.


All'invidia cattiva invece appartiene sia l'invidia ostile, per cui si parla male della persona invidiata, sia l'invidia depressiva che ci blocca sul piano comportamentale.
Nell’invidia ostile ci potranno essere frasi del tipo: “Non posso sopportare che l’abbiano promosso prima di me, quell’incapace!”La tipica frase che accompagna l’invidia depressiva è invece “Ahimè, questo a me non succederà mai!”.

Sicuramente l’invidia ha a che fare con uno stato di frustrazione molto profondo e si riscontra soprattutto nei legami forti e in quelle persone tra le quali può esserci un confronto diretto. 
Gli studi condotti in psicologia, (Elster, 1991; Choi, 1993) confermano che tendiamo a invidiare persone vicine a noi (fratelli, sorelle, amici, colleghi, vicini, ecc). 
Ciò accade per due motivi: la vicinanza rende più facile e più frequente il paragone tra i loro vantaggi e i nostri; in secondo luogo, perché ne condividiamo la stessa visione di vita; le differenze constatate si trasformano presto in minacce per la stima di sé.

L’invidia è rafforzata dal fatto che chi ne è oggetto non è molto diverso da noi, dunque avremmo potuto facilmente essere al suo posto (‘avrei potuto essere io ’).
L'insidia della competizione e dell'invidia è particolarmente forte nelle coppie che fanno lo stesso lavoro, e ritengono di avere lo stesso valore. 

Da un punto di vista terapeutico può rappresentare un primo passo ricostruire insieme al paziente le origini della sua invidia, questo per rendere il paziente più consapevole.
Lavorare poi sull'autostima.

Ma il lavoro più utile è di certo aiutare la persona a riconoscere i propri bisogni interni a partire dagli oggetti invidiati. Ciò che invidiamo rappresenta quel che non abbiamo. Se invidiamo il denaro altrui in realtà desideriamo ciò che il denaro simboleggia per noi. Forse la libertà. Riconoscendo ciò potremmo lavorare sul nostro bisogno di libertà analizzando tutto quel che nel presente ci fa sentire non liberi.

Smettiamo di essere in balia di ciò che avviene all'esterno e concentriamoci su quello che abbiamo dentro. Ci sarà sempre qualcuno che è più bello, intelligente, ricco di noi.

Il segreto stà nel coltivare le nostre risorse, le nostre qualità, curare i nostri bisogni reali.

L'invidia non potrà mai essere cancellata per sempre, abbbiamo visto che in una certa misura è anche utile. 
Con un pò di impegno si potrà "svuotare" questo sentimento attraverso l' afferrare i bisogni non visti e non riconosciuti presenti in essa.



Fonte:  www.crescita-personale.it, www.dica33.it/argomenti/psicologia/peccati/invidia, www.psiconline.it
Foto:  www.google.it/search

2 commenti:

  1. come smetto di invidiare la bellezza degli altri?

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  2. riformulo il commento,come smetto di essere invidioso della bellezza e del fascino di altri, anche volendo andare contro il mio segno zodicale della bilancia che apprezza la bellezza e l'eleganza...

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