Invidia.
Dal
latino in-videre,
guardare contro, guardare con ostilità, l’invidia
può essere definita come quello stato d’animo in cui prevalgono il
desiderio di possedere ardentemente un qualcosa che qualcun altro ha,
oppure il desiderio che l’altro perda
ciò
che ha o rappresenta.
E'
un
sentimento
doloroso,
dal quale è difficile liberarsi attraverso riflessioni logiche e
razionali.
L'invidia
è penosa per chi la sperimenta, perché comporta il vivere in pieno
sentimenti
negativi,
quali il rancore, l’ostilità e l’odio.
Nonostante
ciò questo sentimento appartiene all'uomo da sempre: in passato è
stata varie volte raccontata da illustri scrittori ed è stata
considerata da alcune religioni.
Per
esempio nella religione cattolica, l'invidia è uno dei sette
vizi capitali.
Nel
buddismo è considerata uno di quei fattori mentali che, facendo
germogliare l’odio, accecano la personalità di un individuo.
L'iconografia
tradizionale la rappresenta con l'immagine di una donna vecchia,
misera, zoppa e gobba, intenta a strapparsi dei serpenti dai capelli
per gettarli contro gli altri.
Si
può anche ricordare come Dante nel Purgatorio
ponga gli invidiosi
seduti sulla sesta cornice, con gli occhi cuciti con il fil di ferro
per l’aver gioito delle disgrazie altrui.
Tutti
noi proviamo invidia, ma qualcuno ci rimane incastrato, soffrendo
veramente molto.
In
alcuni casi diventa patologica, quando spinge effettivamente ad agire
per danneggiare la persona invidiata.
Escludendo
la patologia, l'invidia è un sentimento molto diffuso.
Freud
fu il primo a parlarne e ad attribuirle un significato sessuale:
secondo lui l'invidia è uno dei segni distintivi della personalità
femminile. Nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza i bambini
sperimentano la loro diversa identità sessuale: le femmine
attraverso l'invidia per il pene, i maschi attraverso la paura,
intesa come frustrazione o castrazione.
Queste teorie sono state criticate e in parte superate, ma mantengono una certa verità.
Per esempio un'indagine di novembre 2000, realizzata dall'Istituto di Marketing Sociale (Ims), riporta il fatto che di invidia soffrono nove donne su dieci.
Queste teorie sono state criticate e in parte superate, ma mantengono una certa verità.
Per esempio un'indagine di novembre 2000, realizzata dall'Istituto di Marketing Sociale (Ims), riporta il fatto che di invidia soffrono nove donne su dieci.
I
dati emersi da 500 interviste mostrano anche che la diffusione di
questo sentimento è eterogenea, colpisce
indipendentemente dall'età, dal ceto sociale e dal livello
culturale ed è rivolta quasi esclusivamente verso le altre
donne. Ecco in ordine decrescente gli "oggetti del desiderio":
- La fortuna di avere un uomo bello e soprattutto benestante 37%
- La bellezza delle altre 32%
- Il fascino delle altre 29%
- La capacità deduttiva delle amiche 25%
- La serenità delle amiche 23%
- La felicità delle amiche 20%
- La vita sociale più intensa delle amiche 18%
La
letteratura psicologica ha evidenziato come l’invidia possa avere
radici molto profonde nella personalità. Può essere stata causata
da una mancanza di affetto in passato, da un'eccessiva tendenza alla
competitività, da troppi desideri che sono stati frustrati.
L’invidia
nasce dalla relazione, dal confronto con l’altro,
una dinamica sociale importante, poiché è tramite l’altro che
affermiamo noi stessi. Prima di poter desiderare qualcosa che non
abbiamo dobbiamo poterla vedere, è l’altro che fa nascere in noi
il desiderio.
Dopo
esserci confrontati nasce la consapevolezza della nostra mancanza,
ed è da questa constatazione che possono scaturire sentimenti
negativi
verso
sé e verso gli altri: senso di inferiorità, inadeguatezza,
frustrazione, impotenza, odio e rabbia per la grandezza dell’altro
che ci schiaccia. E in questo momento non vediamo più le nostre
risorse,
le nostre potenzialità,
le nostre possibilità, ma si pensa solo a svalutare l’altro per
impedire la caduta del proprio valore.
Ecco perchè nascondiamo la nostra invidia e ci vergognamo di esserlo: essere additati come persone invidiose, parlare della persona che si invidia e spiegare il perché, significa
parlare della parte più profonda di sé stessi, delle aspirazioni e
dei fallimenti personali, delle difficoltà e dei limiti che si
trovano in sé stessi.
Alcuni
ricercatori hanno evidenziato come chi prova invidia
non
riesce ad instaurare relazioni
positive
con
gli altri, restando bloccato in sentimenti come il risentimento,
l’astio, la vergogna.
Alla
base vi è un senso di insicurezza che porta ad una scarsa fiducia di
sé, ad una bassa autostima.
L'invidioso infatti non è mai soddisfatto di sé,
si vede dei limiti, reali o presunti, mentre riconosce solo negli
altri le doti e i riconoscimenti che vorrebbe possedere.
Vergognandosi della sua inadeguatezza, che attribuisce
all'ingiustizia del giudizio altrui, non tenta di migliorarsi e a volte si
augura che gli altri cadano al suo stesso livello. Così facendo
si condanna a una vita meschina e piena di rancore, l'invidia può essere
malevola e consumare perché non si sfoga mai, non si placa, citando un
vecchio proverbio "L'invidia è così magra e pallida perché
morde e non mangia".
A fianco all’invidia
distruttiva, c' è
anche un’invidia
costruttiva.
L’invidioso ha uno spiccato senso critico e ammirazione verso
qualcosa che non è o che non ha.
Molte ricerche confermano che le
persone invidiose posseggono un notevole spirito di osservazione.
Utilizzare questa facoltà per confrontarsi con l’altro e vivere la
ricchezza delle
differenza riconoscendo
i propri desideri, esplorando le proprie possibilità, accettando i
propri limiti, può spingere a migliorarsi, invece che sentirsi
frustrati e denigrare l’altro.
“Se lui/lei sì, perché io no?”
diventa così una motivazione all'azione, una sana
competizione che ci
stimola a raggiungere traguardi sempre più lontani: “Se lui/lei
può, posso anch’io!”.
L’invidia allora evolve in un input ad
andare avanti, ad essere fiduciosi verso se stessi ed assumersi
responsabilità, a mettersi in gioco, a crescere.
Gestire l’invidia
costruttivamente vuol dire riconoscerla ed esprimerla
sviluppando
la capacità di ironizzarci su, di ridere di sé, di esaminare i
propri pensieri di inferiorità per scoprire da dove hanno origine in
modo da conoscerci meglio.
All'invidia
cattiva invece appartiene sia l'invidia ostile, per cui si parla male della
persona invidiata, sia l'invidia depressiva che ci blocca sul piano
comportamentale.
Nell’invidia ostile ci potranno essere frasi del
tipo: “Non posso sopportare che l’abbiano promosso prima di me,
quell’incapace!”La tipica frase che accompagna l’invidia
depressiva è invece “Ahimè, questo a me non succederà
mai!”.
Sicuramente l’invidia ha a che fare con uno stato di
frustrazione molto profondo e si riscontra soprattutto nei legami
forti e in quelle persone tra le quali può esserci un confronto
diretto.
Gli studi condotti
in psicologia, (Elster, 1991; Choi, 1993) confermano che tendiamo a
invidiare persone vicine a noi (fratelli, sorelle, amici, colleghi,
vicini, ecc).
Ciò accade per due motivi: la vicinanza rende
più facile e più frequente il paragone tra i loro vantaggi e i
nostri; in secondo luogo, perché ne condividiamo la stessa visione
di vita; le differenze constatate si trasformano presto in minacce
per la stima di sé.
L’invidia
è rafforzata dal fatto che chi ne è oggetto non è molto diverso da
noi, dunque avremmo potuto facilmente essere al suo posto (‘avrei
potuto essere io ’).
L'insidia della competizione e dell'invidia è
particolarmente forte nelle coppie che fanno lo stesso lavoro, e
ritengono di avere lo stesso valore.
Da
un punto di vista terapeutico può rappresentare un primo passo
ricostruire insieme al paziente le origini della sua invidia, questo
per rendere il paziente più consapevole.
Lavorare poi sull'autostima.
Ma
il lavoro più utile è di certo aiutare la persona a riconoscere i
propri bisogni interni a partire dagli oggetti invidiati. Ciò che
invidiamo rappresenta quel che non abbiamo. Se invidiamo il denaro
altrui in realtà desideriamo ciò che il denaro simboleggia per noi.
Forse la libertà. Riconoscendo ciò potremmo lavorare sul nostro
bisogno di libertà analizzando tutto quel che nel presente ci fa
sentire non liberi.
Smettiamo
di essere in balia di ciò che avviene all'esterno e concentriamoci
su quello che abbiamo dentro. Ci sarà sempre qualcuno che è più
bello, intelligente, ricco di noi.
Il
segreto stà nel coltivare le nostre risorse, le nostre qualità,
curare i nostri bisogni reali.
L'invidia
non potrà mai essere cancellata per sempre, abbbiamo visto che in una certa misura è anche utile.
Con un pò di impegno si
potrà "svuotare" questo sentimento attraverso l' afferrare
i bisogni non visti e non riconosciuti presenti in essa.
Fonte: www.crescita-personale.it, www.dica33.it/argomenti/psicologia/peccati/invidia, www.psiconline.it
Foto: www.google.it/search
come smetto di invidiare la bellezza degli altri?
RispondiEliminariformulo il commento,come smetto di essere invidioso della bellezza e del fascino di altri, anche volendo andare contro il mio segno zodicale della bilancia che apprezza la bellezza e l'eleganza...
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