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venerdì 14 ottobre 2011

Psiche e piante. Il giardino come terapia per l'anima

C. Castelnovi "Pensieri da coltivare"
   
Tutto ciò che può accadere ad un giardino può accadere all’anima e alla psiche: 
troppa acqua, troppo poca, caldo, tempesta, morte, rinascita, guarigione.
Nel giardino ci esercitiamo a lasciar vivere e morire pensieri, idee, preferenze, desideri, e persino amori.


Piantiamo, strappiamo, seppelliamo, dissecchiamo semi, li seminiamo, li sosteniamo.
Il giardino è un esercizio di meditazione. 
Per capire quando è tempo per alcunchè di morire. 
In giardino si vede arrivare il tempo del godimento e quello della morte…” 
   (C. Pinkola Estés “Donne che corrono coi lupi”).



Amo coltivare le piante sul mio terrazzo. 
Le innaffio, le poto, le travaso, parlo con loro, passo del tempo a contemplarle....

Prendersi cura di fiori e piante è come prendersi cura di noi stessi.
Tutto ciò che può accadere a un giardino può accadere all’anima e alla psiche. 
Ogni giorno le piante hanno bisogno di essere accudite, così come il nostro giardino interiore ha bisogno di acqua, di nutrimento, che dobbiamo dare a noi stessi.
Nel prendermi cura delle mie piante mi rendo conto del ciclo della vita a cui tutti noi esseri viventi siamo soggetti. 

C'è un tempo per la fioritura e un tempo per la morte. 
E quando le mie azalee fioriscono sono entusiasta, così come accade quando è il ciclamino a mostrare la sua incantevole delicatezza e bellezza. In primavera queste piante muoiono, ed io ne soffro molto, porgo loro i miei saluti, e cerco di farmente una ragione.

Penso a me stessa, a quanto mi sento in forma, giovane e bella in primavera ed estate, ed invece in questo periodo sono ingrassata un pò, la sedentarietà alimenta la mia cellulite, mi sento pesante, triste e vorrei andare in letargo....ma so che è solo un momento, un periodo di un ciclo che si perpetua di anno in anno, formato da riposo e azione e poi ancora riposo....
...e ancora mi dico che anche se in estate il ciclamino sembra morto, io non smetto di dargli da bere, e faccio bene!
Infatti da 3 anni ormai porto pazienza in estate e mi godo la bellezza dei suoi fiori in inverno!
E così mi viene da pensare che non devo smettere di curarmi solo perchè sono in una fase di down energetico, e che questo momento è necessario, a volte si deve rallentare!

Nel mio terrazzo mi esercito a lasciar vivere e morire pensieri, idee, preferenze, desideri e perfino amori. 
Pianto, strappo, seppellisco, semino, sostengo i fusti esili.
Coltivare le mie piante è per me un enorme esercizio di meditazione.


Sono poi convinta che le piante abbiano un'anima, e di sicuro possiamo entrare in contatto con essa, possiamo comunicare con loro.
Diversi studi rivelano che alcune persone sono in grado di influenzare positivamente la crescita e lo sviluppo di una pianta tramite la propria energia.

Per esempio dati scientifici raccolti dal morfologo Bernard Grad, della McGill University, mostrano che certe persone possono realmente servirsi dei loro poteri psichici per aiutare le piante a prosperare.

Grad piantò semi di orzo in parecchi appezzamenti separati, dove furono annaffiati con una soluzione salina per ostacolarne la crescita.  
Alcuni dei lambicchi contenenti la soluzione furono  tenuti tra le mani dal sensitivo Oskar Estebany, che pare avesse poteri di guaritore. 
Gli appezzamenti innaffiati con la soluzione salina che aveva ricevuto il trattamento speciale diedero un raccolto maggiore di quello dato da degli appezzamenti che avevano ricevuto l'altra soluzione.

Poco dopo Grad replicò l'esperimento, ma questa volta si servì, invece del guaritore, di due pazienti psichiatrici affetti da depressione. 
Voleva vedere se l'umore di una persona potesse influire sulla crescita di una pianta. 
Ai pazienti fu chiesto di tenere fra le mani i lambicchi d'acqua prima che le piante venissero annaffiate. 
I raccolti dei loro appezzamenti furono in seguito confrontati con quelli ottenuti da un assistente del laboratorio, che aveva preso parte alle ricerche originarie di Estebany. 

Gli appezzamenti dell'assistente diedero piante migliori di quelli dei 2 pazienti. 
Ma gli appezzamenti di uno dei due soggetti diedero un raccolto abbastanza soddisfacente. 
Questo accadde perchè la partecipazione all'esperimento del paziente  lo aveva talmente eccitato da sollevarlo dalla depressione. 

Ecco dimostrato scientificamente che voler bene alle piante le fa stare bene e ci fa ster bene!!

Infine concludo questo argomento rivolgendomi a coloro i quali  essendo stressati e di pessimo umore, non hanno la fortuna di avere uno spazio per coltivare delle piante:

cambiate i quadri in sala e al posto di un'opera astratta scegliete un prato verdissimo o una collina dove spuntano qua e là querce secolari. 
Forse non sarà come vivere in campagna o coltivare il pollice verde in giardino o sul balcone di casa, ma funziona. Diversi studi dimostrano che la semplice vista del verde, anche dipinto o fotografato, aiuta a superare le preoccupazioni e a ritrovare armonia con se stessi e con chi ci circonda.

Il primo a trovare un nesso tra contemplazione della natura e benessere è stato lo psicologo dell'ambiente Roger Ulrich, docente di architettura dell'Università del Texas, la cui ricerca è stata pubblicata sulla rivista Science.
Ulrich studiò, negli anni Ottanta, alcuni pazienti operati per calcoli alla cistifellea. 
Quelli che avevano passato la degenza in camere dove potevano guardare un albero o un prato guarivano più velocemente e con meno farmaci di quelli alloggiati in stanze dalle cui finestre vedevano soltanto muri e condomini.
 
«In generale, stare a contatto con i fiori e le piante è un portentoso antistress», commenta Giorgio Guerani, responsabile del reparto di psichiatria all'ospedale Grassi di Ostia (Roma). «La calma che la natura impone restituisce al cervello sotto pressione ritmi normali».

La conferma l'hanno data all'American Art Resources di Houston (Texas), un istituto che si occupa di creare programmi di supporto alla riabilitazione di pazienti in ospedale. 
Gli psicologi Kathy Hathorn e Upali Nanda hanno messo in evidenza, in uno studio recente, che l'umore di chi è ricoverato migliora se in camera trova appesi quadri con alberi, piante o immagini di cascate piuttosto che muri bianchi.
Alle pareti di casa come sul desktop del computer in ufficio, un prato di margherite o un olivo o delle foglie verdi dovrebbero prendere il posto della foto di una strada cittadina. 
«Meglio evitare immagini troppo dense di elementi», consiglia Karin Dijkstra, psicologa ambientale all'Università di Twente (Olanda). «Sì a un prato, no a una foresta fitta di alberi. Va bene anche una savana, il luogo da cui è partita l'evoluzione umana, un paesaggio che fa sentire protetti e sereni. Dietro gli alberi si cerca rifugio: mentre in campi aperti possiamo vedere arrivare i nemici e ci sentiamo più a nostro agio».


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